AMD Ryzen 7 7700: Zen4 alla massima efficienza!!


Sono trascorsi ormai diversi mesi dal debutto ufficiale della famiglia Ryzen serie 7000, meglio nota con il nome in codice Raphael e con la quale il colosso di Sunnyvale ha di fatto tolto i veli sulla quarta generazione della sua architettura ZEN ad elevate prestazioni, la cui prima apparizione risale alla prima metà del 2017, in concomitanza con la presentazione delle tanto apprezzate soluzioni Summit Ridge. Anche in quest’occasione si troviamo di fronte ad una gradita ventata d’aria fresca in ambito desktop di classe mainstream, con tutta una serie di nuove proposte in grado di alzare ulteriormente l’asticella delle pure prestazioni velocistiche e dell’efficienza energetica, forti di una piattaforma completamente rivista, con nuovo socket di connessione e pieno supporto ai più recenti moduli di memoria DDR5. Come di consueto l’azienda americana ha proposto, in un primo momento, esclusivamente le soluzioni tradizionali provviste di suffisso X, espressamente rivolte agli appassionati più esigenti ed agli amanti dell’overclocking, per poi ampliare gradualmente la sua offerta con i modelli X3D, provvisti di 3D V-Cache ed espressamente rivolti al gaming senza compromessi, ed infine con modelli lisci a più basso consumo. Nel corso di questa nostra recensione andremo proprio ad osservare una di queste ultime soluzioni del marchio dedicate alla fascia media del mercato, svelata ufficialmente lo scorso mese di gennaio, in occasione del CES 2023 tenutosi a Las Vegas. Stiamo parlando del microprocessore Ryzen 7 7700, una soluzione indubbiamente molto interessante e con specifiche tecniche di tutto rispetto;  8 Core integrati con tecnologia Simultaneous Multi-Threading (SMT) per un totale di ben 16 Thread, un quantitativo capace quindi di assicurare una buona esperienza d’uso in ambito gaming e non solo, il tutto unito ad un TDP massimo pari ad appena 65W. Non ci resta che augurarvi una piacevole lettura!!!

AMD Ryzen 7 7700: Zen4 alla massima efficienza!! – Recensione di Gianluca Cecca | delly – Voto: 5/5



Advanced Micro Devices, o più semplicemente nota come AMD, è una multinazionale americana ormai più che consolidata. La sede principale dell’azienda si trova a Sunnyvale, in California. A oggi è uno dei leader mondiali nella produzione di microprocessori e chipset per il settore consumer, server e workstation. In seguito alla fusione con ATI, avvenuta nel 2006, il listino del colosso americano si è arricchito con chip grafici integrati e discreti.

La compagnia possiede anche il 21% di Spansion, un fornitore di chip di memoria flash e il 34% di The Foundry Company (TFC). Nel 2007, AMD si è classificata come undicesima produttrice mondiale di semiconduttori. Attualmente la produzione di chipset e chip grafici AMD è affidata a TSMC, la più importante fonderia taiwanese, mentre la produzione di CPU è in buona parte affidata a Global Foundries.

Maggiori informazioni le trovate sul sito AMD.

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Dopo aver mancato l’obiettivo con le soluzioni Bulldozer, svelate ufficialmente nel corso del 2011 e risultate purtroppo ben al di sotto delle aspettative, sia in termini di efficienza e sia, soprattutto, in quanto a prestazioni velocistiche pure, il colosso di Sunnyvale si è visto obbligato, per forza di cose, ad attuare un radicale cambio di rotta, focalizzando le proprie risorse sulla messa a punto di una microarchitettura completamente ridisegnata ed espressamente pensata non soltanto per competere con maggiore efficacia con le proposte concorrenti, ma soprattutto capace di rappresentare una solida base di partenza per future evoluzioni.

Il nome scelto dall’azienda americana, e nello specifico dall’engineering fellow Mike Clark, fu ZEN, denominazione che trae spunto da una delle caratteristiche peculiari del progetto, ovvero dall’eccellente bilanciamento tra le risorse interne, qualità che permette alla nuova architettura di surclassare agevolmente le precedenti soluzioni più evolute del marchio (Excavator) in termini di puro IPC, ovvero nel numero di istruzioni processate dal singolo core integrato nel microprocessore per ogni ciclo di clock, in misura addirittura superiore alle aspettative iniziali, raggiungendo un incremento del +52% medio a fronte del +40% precedente stimato e ufficialmente dichiarato.

La realizzazione di un progetto tanto ambizioso richiese, oltre che un notevole dispendio di risorse, anche un lungo ed incessante periodo di lavoro, durato ben quattro anni e concretizzatosi nella primavera del 2017, in concomitanza con la presentazione ufficiale delle nuovissime soluzioni ad elevate prestazioni Summit-Ridge per sistemi desktop, meglio note con il nome commerciale Ryzen.

Come di consueto il colosso di Sunnyvale scelse di affidarsi alla partner storica GlobalFoundries per quanto riguarda la produzione in volumi, sfruttando quella che era la tecnologia litografica più avanzata allora disponibile presso la fonderia americana, nello specifico la 14 nanometri FinFET, capace di esaltare le potenzialità della nuova e complessa microarchitettura.

Le soluzioni Ryzen di punta, infatti, erano accreditate di ben 4.8 Miliardi di Transistor in una superficie del Die di poco inferiore ai 200mm2. Ne conseguiva una densità estremamente elevata, pari a ben 24 Milioni di Transistor per mm2, un valore davvero notevole per un microprocessore x86, ancor più considerando che le soluzioni concorrenti al tempo più evolute, nello specifico le CPU Broadwell-E, si fermavano all’incirca a quota 14 Milioni.

Come abbiamo anticipato fu necessario un radicale cambiamento nel design interno, al fine di sopperire alle lacune più significative delle soluzioni precedenti, che vedevano nella condivisione di alcune risorse interne il loro principale tallone d’Achille. Nello specifico ci si è resi conto che la condivisione, all’interno di ciò che l’azienda definiva con il termine di “Modulo”, di una singola unità di elaborazione in virgola mobile era a volte estremamente penalizzante in tutte quelle applicazioni ad essa fortemente dipendenti.

Non possiamo tuttavia negare che la situazione di allora obbligò, per certi versi, l’azienda a puntare sulla massima semplificazione del design interno, al fine di adattarsi al meglio ad un processo di produzione non proprio ottimale, quale era il 32 nanometri SOI HKMG. Con la microarchitettura Zen abbiamo assistito, al contrario, ad un ritorno alle origini, con un approccio decisamente più bilanciato ed efficiente, che prevede la presenza di un’eguale quantitativo sia di unità di elaborazione integer e sia in virgola mobile.

Si evidenziava, inoltre, l’abbandono della tecnologia Cluster Multi-Threading (CMT), introdotta proprio con le precedenti soluzioni Bulldozer, in favore di una più flessibile e rodata Simultaneous Multi-Threading (SMT) a due vie, ricalcando di fatto quello che possiamo osservare da diverso tempo nelle proposte concorrenti sotto il nome di Hyper-Threading. Questo tipo di approccio assicura un sensibile incremento delle prestazioni velocistiche in tutti quegli scenari d’uso in cui viene ben sfruttata la parallelizzazione di un elevato numero di core, consentendo la gestione contemporanea di un quantitativo di threads logici pari al doppio dei core fisici effettivamente integrati all’interno del microprocessore.

Il concetto di modularità, tuttavia, venne mantenuto anche in ZEN, nel quale però fu ulteriormente esteso dando forma a quello che prese il nome di CPU Complex (CCX), in altre parole un complesso modulo provvisto di una serie di core integrati ed opportunamente connessi ad una generosa partizione di memoria cache. Proprio riguardo quest’ultima si evidenziarono numerosi cambiamenti rispetto al passato, finalizzati all’incremento dell’efficienza e della bandwidth.

Dal punto di vista prettamente strutturale fu confermata la classica suddivisione su più livelli. Nel primo di questi (Cache L1) furono previsti 96KBytes di memoria a disposizione di ogni core, 32KBytes dei quali di tipo associativo ad 8-vie e con supporto write-back dedicati alla gestione dei dati (L1 D-Cache) e 64KBytes sempre di tipo associativo ma a 4-vie dedicati alla gestione delle istruzioni (L1 I-Cache).

Il secondo livello (Cache L2) contava 512KBytes per ogni core, anche in questo caso di tipo associativo ad 8-vie e con pieno supporto alle policy write-back. Grazie all’utilizzo di queste policy fu garantito, sia per la L1 che per la L2, un raddoppio della bandwith rispetto a quanto offerto nelle soluzioni di precedente generazione.

L’ultimo livello (Cache L3) prevedeva 8MBytes di memoria statica per ogni modulo CCX, sempre di tipo associativo (a 16-vie) ed opportunamente segmentata in quattro porzioni da 2MBytes al fine di consentire ad ogni singolo core di accedervi con la medesima latenza media. A livello operativo questo livello di memoria cache prevedeva una perfetta sincronia con la velocità del core avente la frequenza di clock più elevata, eliminando quindi qualsiasi latenza e garantendo una bandwith ben cinque volte superiore rispetto alle soluzioni precedenti.

Per garantire la massima efficienza possibile per quanto concerne la comunicazione tra gli eventuali moduli CCX presenti si rese necessaria la messa a punto di un rinnovato sistema di interconnessione, al fine di sopperire agli ormai evidenti limiti del vetusto Hyper-Transport. Con la microarchitettura ZEN, infatti, venne introdotto un nuovo ed ampio bus bidirezionale e a bassa latenza denominato Infinity Fabric (IF) ed espressamente pensato per garantire una comunicazione ottimale tra i moduli CCX stessi e verso tutta la sezione Uncore, comprendente il controller di memoria e PCI-Express, oltre che tutta la logica I/O.

Da allora l’azienda perfezionò la propria microarchitettura di generazione in generazione, introducendo di volta in volta nuove funzionalità e accorgimenti allo scopo di alzare sempre più l’asticella delle pure prestazioni velocistiche allo scopo di rappresentare una valida e competitiva alternativa alle soluzioni concorrenti Intel Core, recuperando così, nel corso del tempo, preziose quote di mercato.

Nella transizione tra Zen/Zen+ e Zen 2, ad esempio, anche sfruttando i vantaggi derivati dall’utilizzo dell’allora avanzato processo produttivo a 7nm di TSMC, l’azienda introdusse un altro piccolo, ma non per questo poco significativo, punto di svolta a livello architetturale; ci riferiamo al design a Chiplet. Grazie a questo particolare approccio, che tra l’altro ritroviamo anche nelle ultime soluzioni del marchio, fu possibile raddoppiare il numero di core integrati affiancando, di fatto, più die Zen 2 ed un chip di I/O sullo stesso package.

Non mancarono, ovviamente, ulteriori interventi, tra i quali citiamo un raddoppio della memoria Cache L3 che passò da 8MBytes a ben 16MBytes, tutta una serie di ottimizzazioni architetturali (in quanto ad esempio al branch predictor, gestione load/store e latenze) oltre che un sensibile incremento della frequenza di clock, che raggiunse quota 4.7GHz in boost. Tutto questo assicurò un tangibile aumento dell’IPC, quantificabile nell’ordine del +15% rispetto alla prima incarnazione di ZEN e consentì ad AMD di proporre il primo microprocessore Ryzen di classe mainstream provvisto di ben 16 Core integrati, il Ryzen 9 3950X.

Seguì Zen 3, alla base dei Ryzen 5000 Series, con la quale l’azienda andò a recuperare ulteriore terreno rispetto alle soluzioni concorrenti, grazie ad interventi architetturali mirati ed incrementando ulteriormente il quantitativo di core integrati, introducendo nuovi CPU Complex (CCX) da ben 8 Core ciascuno e memoria Cache L3 condivisa ulteriormente raddoppiata (ben 32MBytes). L’utilizzo di un più affinato processo produttivo a 7nm di TSMC riuscì ad assicurare un’ottima efficienza, anche a fronte di un ritocco verso l’alto della frequenza di clock (si arrivò a ben 4.9GHz in boost), consentendo di aumentare l’IPC medio di un buon +19% rispetto a Zen 2.

Sempre in quella generazione l’azienda americana propose anche la prima declinazione X3D espressamente messa a punto allo scopo di incrementare le performance velocistiche in ambito gaming grazie ad un ulteriore aumento della memoria Cache di terzo livello, ottenuto impilando un particolare layer di SRAM (denominato 3D V-Cache) al di sopra del Compute Die (CCD). Per farlo è stato sfruttato il processo SoIC (System on Integrated Circuits) di TSMC, con collegamento dielettrico diretto rame su rame delle interconnessioni verticali tra i die al fine di assicurare la migliore densità unitamente ad una maggiore efficienza. Un collegamento diretto di questo tipo, inoltre, è in grado di assicurare una latenza estremamente ridotta, grazie ad una bandwidth in grado di raggiungere i 2TB/s.

Essendo una soluzione espressamente rivolta ai giocatori e alle migliori performance assolute in ambito gaming, fu presentata esclusivamente una particolare variante del modello Ryzen 7 5800X, dal momento che per quell’utilizzo 8 Core integrati furono ritenuti più che sufficienti. Fu così che il neonato Ryzen 7 5800X3D rappresentò non soltanto il canto del cigno di Zen 3, ma anche come abbiamo avuto modo di comprendere in seguito, dell’intera piattaforma AM4.

Pochi mesi dopo, precisamente nel settembre del 2022, infatti, il colosso di Sunnyvale tolse i veli sulla sua nuova evoluzione dell’architettura Zen, giungendo così ad una quarta generazione che, tra le tante novità, portò con sé anche una piattaforma del tutto rinnovata, con pieno supporto al PCI-Express 5.0 e a moduli di memoria DDR5 ad elevate prestazioni, e con quale fu introdotto il nuovo socket di connessione AM5.

Per ulteriori dettagli vi chiediamo di pazientare ancora un momento, tratteremo l’argomento con maggiore attenzione nei prossimi capitoli, in questo preferiamo soffermarci su quelli che sono stati i principali interventi a livello architetturale previsti dall’azienda.

Innanzitutto è doveroso precisare che non sono state assolutamente stravolte le fondamenta di Zen 3, compreso il design a Chiplet con doppio CCD + I/O Die.

Al contrario AMD si focalizzò su interventi mirati al perfezionamento e al potenziamento di alcuni aspetti ritenuti significativi, al fine di alzare ulteriormente l’asticella delle prestazioni velocistiche e dell’efficienza. Riguardo quest’ultimo aspetto ha giocato un ruolo decisivo l’utilizzo dell’avanzato processo produttivo a 5nm di TSMC, grazie al quale l’azienda ha potuto apportare una sensibile ottimizzazione della curva V/F (Tensione/Frequenza), consentendo al microprocessore di mantenere frequenze di clock superiori con carichi di lavoro Multi-Thread pesanti.

La stessa AMD ha diffuso una slide in cui confrontando le due soluzioni di punta della nuova e passata generazione si evince un miglioramento netto dell’efficienza soprattutto con bassi limiti di potenza del socket, circostanza nella quale le precedenti soluzioni venivano spesso limitate dal TDP nativo.

Con appena 88W massimi, infatti, il nuovo Ryzen 9 7950X riesce ad assicurare performance superiori del +75% rispetto al precedente Ryzen 9 5950X, eseguendo il Cinebench R23 in modalità Multi-Core. Per ovvi motivi all’aumentare della potenza sul socket il rendimento risulterà decrescente, assestandosi in ogni caso su valori più che positivi, pari al +37% a 142W e +35% al valore massimo previsto di 230W.

Appare di conseguenza abbastanza evidente come l’azienda abbia, in questa generazione, un notevole margine di manovra, potendo tranquillamente proporre soluzioni più sbilanciate verso le pure prestazioni velocistiche che non verso la massima efficienza, o al contrario soluzioni estremamente efficienti e parche nei consumi, come le ultime proposte Ryzen 7000 Series lisce con TDP massimo pari a 65W.

Del resto AMD ha lavorato a stretto contatto con TSMC proprio allo scopo di sfruttare al massimo il più avanzato processo di produzione, adattandolo perfettamente alla propria microarchitettura. Questo ha assicurato di raggiungere frequenze di clock del tutto elevate pur senza stravolgere nulla a livello architetturale (ad esempio non è stato necessario un allungamento delle pipeline), superando il muro dei 5.0GHz su tutta la linea.

Non soltanto il modello di punta, infatti, è ora accreditato di una frequenza massima in boost pari a ben 5.7GHz, ben 800MHz in più rispetto al predecessore, ma anche il modello alla base dell’offerta, il Ryzen 5 7600 è in grado di raggiungere quota 5.1GHz, ovvero 700MHz in più del modello che va a sostituire.

Secondo le stime di AMD questo ha portato, assieme agli interventi che osserveremo fra poco, ad un aumento dell’IPC medio del +13% e prestazioni fino al +29% più elevate in single thread.

Per cominciare, rispetto a Zen 3, sono stati rivisti alcuni elementi fondamentali della CPU, con grande attenzione sul Front-End, migliorato e potenziato. Nello specifico l’azienda si è focalizzata molto sulla Branch Prediction, sempre in grado di predire due “taken branches” per ciclo di clock, ma ora resa decisamente più accurata, grazie ad un significativo aumento del Branch Target Buffer (BTB) L1, aumentato del +50% (da 1.000 a 1.500 voci) e del BTB L2, aumentato del +8% (da 6.500 a 7.000 voci).

Potenziata ed ampliata anche la cache μOP per le istruzioni già decodificate, ora capace di fornire fino a 9 μOP per ciclo (rispetto alle 6 di Zen 3) e di ospitare un massimo di ben 6.750 istruzioni. Questo aspetto contribuisce ad aumentare la possibilità che il processore trovi direttamente qui le istruzioni già pronte e non debba quindi attivare il decoder (da qui l’aumento dell’hit-rate), risparmiando di conseguenza energia. Invariati i tassi di latenza in virgola mobile, ovvero 3 cicli per FADD e FMUL e 4 cicli per FMA.

Non si evidenzia alcun intervento significativo nel Back-End, il numero delle porte di esecuzione parallele allo scheduler è del tutto invariato e Zen 4, così come Zen 3, sarà sempre in grado di processare un massimo di 10 operazioni intere e 6 operazioni in virgola mobile per ciclo di clock.

L’Out of Order Engine è stato però reso più ampio ed intelligente, allo scopo di incrementare l’IPC grazie alla possibilità di eseguire operazioni in un ordine diverso rispetto a quello previsto dal codice del programma. Per ottenere questo obiettivo alla CPU deve essere però fornita la piena visibilità in una “finestra” di codice sempre più ampia, in modo tale che possa reperire molte più operazioni indipendenti ed eseguirne il riordino.

È stata quindi incrementata la dimensione della Retire/Queue Buffer del 25%, raggiungendo le 320 voci. Allo stesso modo le dimensioni dei file di registro Integer e Virgola Mobile sono state aumentate del 20% in modo da accogliere un maggior numero di istruzioni (rispettivamente 224 e 192 entry).

Per quanto riguarda il sottosistema di memoria è stato previsto un ampliamento del buffer delle unità load-store all’interno di ciascun core della CPU, che possono ora beneficiare di una coda di caricamento più ampia per le istruzioni.

Sono stati inoltre apportate alcune modifiche atte a ridurre i conflitti di porte con la Cache L1-D. Invariato il numero di caricamenti e memorizzazioni possibili per ciclo, pari rispettivamente a 3 e 2.

La memoria Cache L2 è stata enormemente ampliata e ottimizzata così da migliorare ulteriormente le prestazioni/IPC mantenendo un maggior quantitativo di dati importanti nelle vicinanze dei Core, senza quindi farli finire nella L3 o peggio ancora nella memoria principale di sistema. Nello specifico in Zen 4 troviamo ben 1MBytes per ciascun core, ovvero il doppio rispetto ai 512KBytes per core previsti nelle precedenti soluzioni.

Oltre alla capacità è stata prevista la possibilità di gestire un maggior numero di cache-miss, ovvero di richieste di dati da altri livelli del sotto-sistema di memoria quando questi non si trovano nella L2, contribuendo ad un miglioramento delle capacità di parallelismo a livello di memoria (MLP).

Nessuna differenza per quanto riguarda la Cache L3, sempre ampia 32MBytes per ciascun CCX a 8 core e operante come “Victim-Cache” per la Cache L2 di ciascun core della CPU.

L’insieme di tutti l’insieme di tutti questi interventi assicura un aumento dell’IPC medio del +13%, un valore indubbiamente degno di nota e non molto distante da quanto osservato con Zen 2 nel 2019. L’azienda ha fornito un’interessante stima dei singoli contributi all’ottenimento del risultato, nella quale spicca il potenziamento del Front-End, seguito dal miglioramento delle unità Load/Store e della Branch Prediction.

 

Sul fronte ISA (Instruction Set Arctitecture) vengono ora supportate le istruzioni AVX-512, implementate però dall’azienda su SIMD 256-bit. Saranno quindi necessari due cicli di clock per eseguire un’istruzione AVX-512, ma d’altro canto viene sensibilmente ridotto lo spazio necessario sul die nonché l’impatto energetico rispetto ad un’implementazione completa di un SIMD nativo da 512-bit.

Di conseguenza la soluzione AMD riuscirà a mantenere una maggiore frequenza di clock durante l’esecuzione di queste istruzioni rispetto alla controparte, che al contrario dovrà contenerla per non eccedere dai limiti energetici, andando in parte a compensare la perdita sulle performance di picco.

AMD sostiene che queste nuove istruzioni consentono di gestire carichi di inferenza in maniera molto più efficiente rispetto a quanto possibile con la precedente architettura; si parla infatti di un aumento delle prestazioni Multi-Core FP32 superiore al +30% e Int8 prossimo alle 2.5 volte.

Viene inoltre aggiunto il supporto alle funzionalità “Per-Lane Masking” che consente di mascherare singole corsie anziché suddividere un vettore necessitando di multipli passaggi, oltre che tutta una serie di nuove istruzioni utili per la manipolazione dei dati. Tra questi si evidenziano istruzioni “Scatter/Gather” e istruzioni utili per l’accelerazione dei carichi di lavoro AI/DL, quali BFloat16 e VNNI (Vector Neural Network Instruction).

Con Zen 4 è stato totalmente rinnovato anche l’I/O Die, ora sviluppato con processo produttivo a 6nm da parte di TSMC, una generazione indietro rispetto al più avanzato 5nm utilizzato per i chiplet della CPU stessa. In questo die, come detto in precedenza, troviamo tutto ciò che non sono i core della CPU o le varie Cache L1/L2/L3 ad essi associate.

Separare queste componenti consente di potersi appoggiare su processi di produzione meno all’avanguardia e sensibilmente più economici laddove ininfluente, contenendo il costo finale. Fino alla scorsa generazione il l’I/O Die era sviluppato sfruttando il nodo 14/12nm di GlobalFoundries, il passaggio al più recente processo di produzione, seppur non si tratti del più avanzato disponibile, ha ugualmente consentito all’azienda di introdurre tutta una serie di nuove funzionalità.

Tra queste troviamo un controller di memoria in grado di supportare moduli DDR5 ad elevate prestazioni con velocità fino a 5.200MT/s e pieno supporto ECC, oltre che il supporto fino a ben 28 linee PCI-Express 5.0 (24 sfruttabili, delle quali 16 dedicate all’eventuale soluzione grafica discreta ed 8 per unità SSD NVMe).

Oltre a questo non manca il supporto nativo alla tecnologia BIOS Flashback via USB per il ripristino del firmware in caso di necessità ed un’interconnessione Infinity Fabric ulteriormente ottimizzata per la comunicazione con i Compute Die (CCD). Allo scopo di ridurre i consumi, l’azienda ha scelto di implementare i medesimi algoritmi di gestione energetica messi a punto per le soluzioni Ryzen 6000 Mobile.

Per la prima volta in soluzioni desktop dell’azienda (APU escluse) viene prevista una componente grafica integrata, in questo caso basata su architettura RDNA 2 e provvista di una coppia di Compute Unit in grado di operare ad una frequenza di clock pari a 2.2GHz. AMD precisa che tale implementazione non è assolutamente da intendersi idonea al gaming o altri scenari d’uso analogamente impegnativi, al contrario il suo scopo è essenzialmente quello di assicurare un utilizzo basilare del sistema per tutti coloro che non necessitano di elevate prestazioni grafiche (settori business ad esempio), o per finalità prettamente diagnostiche.

Tuttavia sotto l’aspetto prettamente multimediale si evidenziano caratteristiche del tutto interessanti, come il pieno supporto alla decodifica AV-1, VP9, H.264 e H.265/HEVC ad 8/10-bit e codifica H.264 e H.265/HEVC ad 8/10-bit.

AV-1, anche noto come AOMedia Video 1, è un formato di codifica video aperto e privo di royalty sviluppato da AOM (Alliance for Open Media), progettato principalmente per trasmissioni video su Internet e capace di fornire una compressione e una qualità migliore rispetto ai codec esistenti come H.264, HEVC e VP9. Per questo motivo viene adottato da molte delle principali piattaforme video e browser.

Sul fronte delle uscite video, la componente RDNA 2 integrata nelle soluzioni Ryzen 7000 Series appare pienamente compatibile con gli standard HDMI 2.1 con FRL (Fixed-Rate Link) a 48Gbps, HFR (High Frame-Rate), DSC, VRR (Variable Refresh Rate) ed HDR10+, e DisplayPort 2.0 con supporto UHBR10, HDR e Adaptive Sync. Pienamente supportati display con risoluzione 4K e refresh 60Hz, oltre che funzionalità USB Type-C con DisplayPort Alt Mode e Hybrid Graphics, ossia possibilità di sfruttare la GPU integrata stessa assieme ad un’eventuale soluzione grafica discreta.

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Il colosso di Sunnyvale, ormai da qualche tempo a questa parte, ci ha abituati ad una strategia di lancio dall’alto verso il basso, partendo quindi dai modelli di fascia superiore, e di conseguenza più ricchi di funzionalità esclusive, per poi andare man mano a completare la sua line-up con le soluzioni di livello più basso.

Al momento della stesura di questo articolo è praticamente disponibile sul mercato l’intera line-up desktop mainstream 7000 Series, comprendente tutti i vari modelli appartenenti alle famiglie Ryzen 5, Ryzen 7 e Ryzen 9, incluse le declinazioni lisce a più basso consumo oltre che quelle X3D espressamente rivolte al gaming senza compromessi.



A seguire vi proponiamo, come di consueto, una tabella riepilogativa delle caratteristiche tecniche principali di tutti i nuovi microprocessori presentati dall’azienda statunitense, nonché delle soluzioni della passata generazione che vanno a sostituire, così da consentirvi di fare un rapido confronto di quelle che sono le loro più significative differenze.

Alla base di tutti i nuovi modelli presentati troviamo la medesima microarchitettura (Zen 4) e le stesse tecnologie proprietarie. Tutti i modelli sono concepiti per essere impiegati sulle nuove schede madri con socket di connessione AM5 (di tipo LGA) dotate dei nuovi chipset Serie 600, di cui osserveremo i dettagli nel prossimo capitolo della recensione.

Il Memory Controller Integrato (IMC), di tipo Dual-Channel, vanta la piena compatibilità verso i moduli di memoria DDR5 ad alte prestazioni, capaci di assicurare un deciso balzo in avanti in termini di bandwidth. La frequenza operativa massima certificata, in relazione alla tipologia ed al quantitativo di moduli impiegati (Single o Dual Rank in configurazione a 1DPC o 2DPC) è in grado di raggiungere quota 2.600MHz (5.200MT/s), assicurando una bandwith massima teorica pari a ben 83.2GB/s.

Ad eccezione delle soluzioni X3D rivolte al gaming, tutti le nuove proposte sono completamente sbloccate per semplificarne l’overclocking e/o l’ottimizzazione avanzata.

Come possiamo notare, inoltre, rispetto al passato viene assicurata una frequenza di clock sensibilmente superiore, tanto di base quanto sfruttando gli algoritmi previsti dalla tecnologia di boost proprietaria.

Escludendo il modello di ingresso della nuova line-up, vale a dire il Ryzen 5 7500F dedicato però al mercato OEM, tutte le nuove proposte prevedono la presenza di una componente grafica integrata attiva, basata su architettura RDNA2 e provvista di una coppia di unità di elaborazione (Compute Unit).

Ricordiamo che questa particolare soluzione non si rivolte al gaming o a scenari d’uso altrettanto impegnativi, al contrario è per lo più pensata per consentire un utilizzo basilare del sistema o per finalità prettamente diagnostiche. Le uniche differenze tra i vari modelli di conseguenza riguardano:


  • Quantitativo di Core/Thread attivi;
  • Dimensione della memoria Cache (L2+L3);
  • Frequenza operativa di base;
  • Frequenza operativa massima in Boost;
  • Presenza o meno di funzionalità di overclocking sbloccate;
  • Presenza o meno di un sistema di dissipazione del calore in dotazione;
  • TDP massimo.

[nextpage title=”Piattaforma AMD AM5: Principali Caratteristiche Tecniche e Novità”]


Sono trascorsi ormai oltre cinque anni dalla presentazione ufficiale, da parte del colosso di Sunnyvale, delle interessanti ed innovative soluzioni Ryzen e della relativa piattaforma (AM4), soluzioni finalmente in grado di portare una ventata d’aria fresca in un settore che, fino a quel momento, era decisamente stagnante.

L’eccellente microarchitettura, denominata “Zen”, forte della sua notevole modularità, ha consentito all’azienda americana di proporre, generazione dopo generazione, soluzioni sempre più competitive e capaci di assicurare sostanziali miglioramenti tanto in termini prettamente prestazionali, quanto in pura efficienza energetica, aspetti che le hanno permesso di recuperare importanti quote di mercato nei confronti della storica rivale.

Tuttavia il settore tecnologico è ben noto per essere in continuo fermento, e negli ultimi tempi ha visto come protagoniste due importanti innovazioni in ambito consumer, atte a soddisfare l’incessante richiesta di soluzioni sempre più complesse e prestanti. In primis abbiamo osservato il debutto delle memorie ad alte prestazioni DDR5, indispensabili per assicurare ai microprocessori multi-core di ultima generazione l’elevata bandwidth di cui hanno bisogno, ed in secondo luogo l’introduzione del nuovo standard PCI-Express 5.0, anch’esso necessario per raggiungere nuovi orizzonti con future schede grafiche e unità di memorizzazione SSD NVMe.

Inevitabile, di conseguenza, anche per AMD, la messa a punto di una piattaforma nuova e completamente rinnovata, espressamente pensata per supportare adeguatamente tutte queste nuove funzionalità e rappresentare al contempo una solida base per le future soluzioni, anche in termini prettamente energetici. Ancora una volta l’azienda assicura un supporto a lungo termine, indicando addirittura il 2025 e oltre. Ci troviamo quindi dinanzi ad una piattaforma contraddistinta da una ragguardevole longevità, aspetto che non può che far piacere agli appassionati.

La prima grande novità riguarda il socket di connessione, che al pari delle soluzioni High-End Desktop del marchio, nonché delle proposte concorrenti da diversi anni, abbraccia un’interfaccia di tipo LGA (Land Grid Array), abbandonando l’ormai storico PGA (Pin Grid Array). I vantaggi di questa interfaccia sono molteplici, per prima cosa viene assicurata una maggiore densità dei pin di connessione; in altre parole nello stesso package-size è possibile implementarne un quantitativo superiore.

Nello specifico il nuovissimo socket AM5 vanta un totale complessivo di ben 1718 pin, contro i 1331 pin del predecessore basato su interfaccia PGA; un incremento prossimo al 30%. Questo aspetto ha consentito di aumentare sensibilmente la potenza di picco erogabile al microprocessore installato, tecnicamente nota come Package Power Tracking (PPT), dai 142W massimi di AM4, fino a ben 230W, andando quindi a favorire il raggiungimento di frequenze di clock più elevate in soluzioni con molti core integrati.

Questo valore non dev’essere, però, confuso con un altro importante parametro, il TDP (Thermal Design Power), che al contrario fornisce un’indicazione sul quantitativo di calore che il sistema di dissipazione dovrà essere in grado di smaltire per assicurare il mantenimento di una temperatura entro i valori di sicurezza previsti. Nelle recenti soluzioni Ryzen 7000 Series abbiamo assistito ad un aumento di questo valore, da 105W a 170W.

Un altro vantaggio derivato dalla nuova interfaccia di connessione riguarda l’impiego di un ben più sicuro ed affidabile meccanismo di ritenzione, abbandonando l’approccio Zero Insertion Force (ZIF) tipico delle interfacce di tipo PGA da diversi decenni. A quanti di voi è capitato, durante un semplice smontaggio del sistema di dissipazione, che sia ad aria oppure a liquido, di ritrovarsi il microprocessore attaccato alla base di contatto e non più inserito nel suo socket? Immaginiamo sia successo a molti; bene con il nuovo socket di connessione AM5 questo non accadrà mai più, e proprio grazie al diverso meccanismo di ritenzione del microprocessore, che provvederà a bloccarlo saldamente nella sua sede.

Il rovescio della medaglia ovviamente non manca; l’aver spostato i pin di connessione dal microprocessore alla scheda madre, rende di fatto quest’ultima più soggetta ad eventuali danneggiamenti, soprattutto se non si prestano le dovute attenzioni in fase di installazione. Consigliamo quindi di procedere sempre con calma e tranquillità durante l’installazione o la rimozione del microprocessore dal socket.

L’azienda americana ha lavorato ed investito risorse allo scopo di mantenere inalterata, nonostante tutte le suddette modifiche al socket di connessione, la compatibilità con la maggior parte delle attuali soluzioni di raffreddamento sul mercato, provviste di certificazione AM4. Questo rende la nuova piattaforma immediatamente utilizzabile da tutti coloro che già sono in possesso di un dissipatore compatibile, senza ulteriore esborso di denaro, oppure in ogni caso senza attendere l’arrivo di nuove soluzioni di raffreddamento nativamente certificate per la nuova piattaforma AM5.

Ad accompagnare il nuovo socket di connessione troviamo, come di consueto al debutto di una nuova piattaforma, anche una linea di chipset aggiornata, in questo caso appartenenti alla Serie 600 ed espressamente pensati per assicurare il miglior supporto possibile ai microprocessori Ryzen 7000 Series, meglio noti agli appassionati con il nome in codice “Raphael” e basati sull’ultima revisione della microarchitettura Zen (Zen4).

Al fine di soddisfare qualsiasi tipologia di utenza è stata prevista una migliore segmentazione rispetto al passato, offrendo ben quattro chipset differenti in relazione alle caratteristiche ed alle funzionalità offerte. Non cambia la classificazione in due famiglie principali, nello specifico in quest’occasione X670 e B650, ma per ognuna è stato previsto, oltre al modello tradizionale, anche un più completo modello “Extreme”, espressamente pensato per soddisfare i più esigenti.

La variante X670E sarà ovviamente quella più completa della line-up, offrendo il maggior quantitativo di opzioni di connettività previste, tra cui il supporto PCI-Express 5.0 a disposizione sia per schede grafiche che per unità SSD NVMe. I modelli X670 e B650E, al contrario, manterranno il supporto nativo alla connettività PCI Express 5.0 per lo storage, prevedendo però un supporto di tipo opzionale per le soluzioni grafiche. Scendendo di livello con il B650, avremo un supporto PCI-Express 5.0 esclusivamente per le unità SSD NVMe.

Uno degli aspetti positivi è che tutte e quattro le varianti proposte saranno in grado di assicurare pieno supporto alle funzionalità di overclocking sia del microprocessore che del nuovissimo comparto di memoria DDR5, con compatibilità verso la nuova tecnologia EXPO (EXtended Profile for Overclocking).

Alla base di tutte suddette varianti troviamo però un unico chip, il nuovo Promontory 21, prodotto da ASMedia, basato su package BGA (Ball Grid Array) ed accreditato di un TDP massimo di appena 7W. Non saranno, di conseguenza, necessarie soluzioni di raffreddamento attive, come al contrario osservato sulle precedenti schede madri X570.

Il collegamento al microprocessore avviene tramite un bus dedicato in grado di sfruttare quattro linee PCI-Express 4.0, così da incrementare l’efficienza nella comunicazione ed eliminare ogni collo di bottiglia, grazie ad una banda bidirezionale pari a 8GB/s.

Le soluzioni X670 e X670E sono contraddistinte dal collegamento, in modalità daisy-chain, di una coppia di chip Promontory 21 (Upstream e Downstream Chipset), a loro volta interconnessi attraverso un bus PCI-Express 4.0 x4, ognuno dei quali dedicato a fornire una parte delle funzionalità previste. Le soluzioni B650 e B650E, al contrario, adottano un singolo chip Promontory 21.

Nei diagrammi che seguono vi mostriamo la struttura dei nuovissimi chipset X670/X670E e B650/B650E:

I nuovi microprocessori Ryzen 7000 Series mantengono un Memory Controller Integrato (IMC) di tipo Dual Channel, prevedendo però una sostanziale novità, vale a dire il pieno supporto verso i nuovissimi moduli di memoria ad elevate prestazioni DDR5. La massima frequenza certificata raggiunge quota 2.600MHz (5.200MT/s), assicurando una bandwith massima teorica pari a ben 83.2GB/s.

Il Controller PCI-Express integrato nel microprocessore è ora in grado di gestire un massimo di 28 linee PCI-Express 5.0, ovviamente con piena retro-compatibilità verso gli standard precedenti. Sedici di queste linee saranno espressamente dedicate ad eventuali soluzioni grafiche discrete, sia in modalità 16x che 8x/8x.

Delle restanti dodici linee a disposizione, otto sono espressamente dedicate alla gestione di unità SSD di ultima generazione provviste di interfaccia M.2 PCI-Express, includendo il pieno supporto anche verso le imminenti e prestanti soluzioni PCIe Gen 5.0 x4 basate su protocollo NVM Express (NVMe). Le ultime quattro linee, al contrario, non sono liberamente sfruttabili da parte dell’utente, bensì sono dedicate al collegamento tra il chipset ed il microprocessore stesso.

I nuovi microprocessori, inoltre, implementano un controller USB in grado di gestire un massimo di quattro porte USB SuperSpeed (10Gb/s) ed una singola porta USB 2.0 “general purpose”.

Tra gli aspetti più curati da parte del colosso di Sunnyvale troviamo ottimizzazioni specifiche rivolte alle unità SSD NVMe di prossima generazione, capaci di sfruttare appieno il nuovo standard PCI-Express 5.0. L’azienda ha più volte affermato, nel corso dei mesi precedenti il debutto di questa nuova piattaforma, di aver collaborato a stretto contatto con Phison per offrire sin dal lancio delle nuove e superveloci unità la migliore ottimizzazione e le migliori performance possibili.

Ai nuovi chipset X670/X670E e B650/B650E viene inoltre affidata la gestione, rispettivamente, di ulteriori 12 e 8 linee PCI-Express 4.0, oltre che di altre 8 e 4 linee PCI-Express 3.0. Queste linee possono essere utilizzate liberamente dal produttore della scheda madre, che potrà dedicarle, per esempio, ad un ulteriori slot PCIe, controller LAN/Wi-Fi supplementari oppure di porte Serial ATA 6Gb/s.

Oltre a quanto detto, i nuovi chipset implementano un supporto nativo verso i più recenti e prestanti standard di trasmissione USB SuperSpeed, sia da 20Gb/s che da 10Gb/s. Sarà esclusivamente il quantitativo massimo di porte a disposizione a differenziare i nuovi modelli. Ovviamente non mancano connessioni conformi allo standard USB 2.0 (fino ad un massimo di 12 porte nei modelli X670/X670E e 6 porte nei modelli B650/B650E).

[nextpage title=”Sistema di Prova e Metodologia di Test”]

Tutti i test eseguiti sono stati ripetuti per ben tre volte, al fine di verificare la veridicità dei risultati. L’hardware è stato montato su di un banchetto di produzione DimasTech.

Le nostre prove sono state condotte con l’obiettivo di analizzare le performance velocistiche del nuovo microprocessore Ryzen 7 7700, recentemente presentato da AMD e dalla stessa gentilmente fornitoci.

Nella tabella che segue vi mostriamo i dettagli del sistema di prova utilizzato:

Per meglio osservare le potenzialità offerte dall’attuale nuovo microprocessore di fascia media di classe Ryzen 7 abbiamo condotto le nostre prove basandoci su due differenti livelli d’impostazione, preventivamente testati al fine di non incorrere in problemi causati dall’instabilità:


  • Default: AMD Ryzen 7 7700 (Default) / PBO Disattivato / RAM 2.600MHz (5.200MT/s) 42-42-42-84-125-1T (JEDEC);

Per questo profilo ci siamo mantenuti fedeli alle specifiche di riferimento di AMD per quanto riguarda il microprocessore e i principali parametri operativi (Memoria RAM e tensioni di alimentazione).

Di conseguenza abbiamo lasciato disabilitata la tecnologia proprietaria Precision Boost Overdrive (PBO) e rispettato quella che è la massima frequenza certificata per il comparto di memoria in abbinamento ad un microprocessore Raphael e a moduli Single Rank in configurazione 1 DPC (singolo modulo per canale) su scheda madre 2 SPC (due slot per canale), ovvero 2.600MHz (5.200MT/s).


  • Optimized-Daily: AMD Ryzen 7 7700 (Default Optimized) / PBO Attivato / RAM 3.000MHz (6.000MT/s) 30-38-38-96-146-1T (EXPO).

Al contrario del precedente livello d’impostazione, il nostro profilo “Optimized-Daily” prevede un’ottimizzazione di tipo manuale dei principali parametri operativi. Le potenzialità offerte in tal senso da questa piattaforma di sono indubbiamente notevoli, ma noi ci siamo limitati ad un livello facilmente raggiungibile e soprattutto idoneo ad un utilizzo quotidiano, senza la necessità di ricorrere a sistemi di raffreddamento non convenzionali.

Per quanto riguarda il microprocessore, di conseguenza, abbiamo ritenuto doverosa l’attivazione della tecnologia proprietaria Precision Boost Overdrive (PBO), impostandola manualmente secondo i limiti previsti dalla scheda madre, in abbinamento alla funzione Curve Optimizer e ad un aumento di 100MHz nell’algoritmo di gestione automatica del CPU Boost Clock.

Per sfruttare al meglio il nostro comparto di memoria, che prevede moduli G.Skill Trident Z5 Neo RGB accreditati di una frequenza operativa di 6.000MHz è semplicemente bastato impostare l’apposito moltiplicatore DRAM e attivare il nuovo profilo EXPO (Extended Profiles for Overclocking) previsto, mantenendosi in specifica.

La scheda grafica utilizzata, una INNO3D GeForce RTX 4080 iCHILL X3, è stata mantenuta entro le specifiche previste dal produttore (2.205MHz/1.400MHz/2.565MHz). I driver utilizzati sono gli NVIDIA Game Ready 537.34, provvisti di certificazione WHQL.

Il sistema operativo, Microsoft Windows 11 Pro X64, è da intendersi privo di qualsiasi ottimizzazione particolare, ma comprensivo di tutti gli aggiornamenti rilasciati fino al giorno della stesura di questo articolo (Versione 22H2 – build 22621.2283).

Queste le applicazioni interessate, suddivise in tre tipologie differenti:


Prestazioni Rendering e Calcolo


  • Cinebench R15 64bit;
  • Cinebench R20 64bit;
  • Cinebench R23 64bit;
  • Cinebench 2024 64bit;
  • POV Ray 3.7 64bit;
  • V-Ray Benchmark 5.02.00 64bit;
  • Indigo Benchmark 4.4.15 64bit;
  • Corona Benchmark 10 64bit;
  • Blender 3.6.1 64bit;
  • Geekbench Pro 6.1.0;
  • Euler3D Benchmark v2.2;
  • Fritz Chess Benchmark v4.3;
  • SiSoftware Sandra Lite (31.133);
  • AIDA64 Extreme 6.92.6600.

Prestazioni Multimedia, Web Browsing e Compressione


  • Google Chrome 64bit;
  • WinRAR 6.23 64bit;
  • 7-Zip 23.01 64bit;
  • VeraCrypt 1.25.9;
  • HWBOT RealBench 2.44;
  • UL 3DMark 11 Advanced Edition v1.0.179;
  • UL 3DMark Advanced Edition v2.26.8125;
  • UL PCMark 10 Professional Edition v2.1.2636 64bit;
  • UL Procyon Professional Edition v2.6.848 64bit;
  • Unigine2 Superposition Benchmark v1.1.

Prestazioni Giochi DirectX 11 / DirectX 12


  • Assassin’s Creed Valhalla – DX12;
  • Cyberpunk 2077 – DX12;
  • F1 2022 – DX12;
  • Shadow of the Tomb Raider – DX12;
  • Watch Dogs: Legion – DX12.

Siamo pronti per osservare ed analizzare i risultati ottenuti.

[nextpage title=”Prestazioni Rendering e Calcolo”]


Cinebench R15, R20, R23 e 2024 sono una vera e propria suite di test multi piattaforma in grado di calcolare le capacità prestazionali del vostro computer.

Il programma è basato sul software di animazione CINEMA 4D ed è lo strumento perfetto per valutare le performance della CPU e del comparto grafico su svariate piattaforme fra cui Windows e Mac OS X.

Cinebench sfrutta le potenzialità del processore centrale del sistema mediante l’utilizzo combinato di calcoli complessi finalizzati al completamento del rendering di un’immagine campione. È possibile eseguire il test in modalità “Single”, sfruttando un solo “core”, oppure “Multi”, sfruttando quindi tutti i “core” disponibili.

Nel grafico il punteggio finale del rendering con 1Core/1Thread e fino a 24Core/32Thread.

POV-Ray è un famosissimo programma per la creazione di immagini tridimensionali. Vanta un motore per RayTracing tra i più avanzati. Sarà possibile creare immagini 3D, geometriche e non, di tipo foto realistico e di altissima qualità. La costruzione dell’immagine si ottiene mediante un linguaggio di programmazione di tipo matematico basato sulla geometria analitica nello spazio.

Nel grafico il tempo (in Secondi) necessario per portare a termine il rendering della scena di riferimento “”, a risoluzione Full-HD (1920×1080) e filtro AA 0.3.

V-Ray Next Benchmark è un tool completamente gratuito per la misura delle performance velocistiche del proprio hardware nel rendering con V-Ray. È disponibile gratuitamente, previa registrazione su chaosgroup.com e verrà eseguito senza requisiti di licenza come applicazione autonoma.

Il programma prevede la possibilità di eseguire rendering di raytrace sfruttando la CPU oppure la/e schede grafiche presenti. V-Ray è uno dei principali raytracers al mondo e viene utilizzato in molte industrie in fase di architettura e progettazione automobilistica.

È stato utilizzato anche in oltre 150 immagini cinematografiche e numerose serie televisive episodiche. Ha inoltre vinto un premio Oscar per il conseguimento scientifico e tecnico nel 2017.

Nel grafico lo score finale (espresso in VSamples) ottenuto al termine del rendering della scena di riferimento, eseguito con impostazioni predefinite.

Indigo Bench è un’applicazione di benchmark standalone basata sul motore di rendering avanzato di Indigo 4, utile per misurare le prestazioni delle moderne CPU e GPU. Grazie all’utilizzo di OpenCL standard del settore, è supportata un’ampia varietà di GPU di NVIDIA, AMD e Intel. Il programma è completamente gratuito e può essere utilizzato senza una licenza Indigo su Windows, Mac e Linux.

Nel grafico lo score ottenuto in seguito al completamento del rendering di entrambe le scene di riferimento previste, eseguito con impostazioni predefinite.

Chaos Corona 10 Benchmark è un tool completamente gratuito per la misura delle performance velocistiche del proprio microprocessore nel rendering fotorealistico di una scena di riferimento. Nonostante la sua giovane età, Corona è diventato un renderer pronto per la produzione ed in grado di creare risultati di qualità elevata.

Nel grafico lo score finale (espresso in Rays/sec) ottenuto al completamente dell’elaborazione, eseguita con impostazioni predefinite.

Blender è un famoso programma (completamente Open Source) di modellazione 3D, animazione e rendering. Viene spesso utilizzato anche per il calcolo delle performance dei microprocessori.

Nel grafico il tempo (in Secondi) necessario al rendering della scena di riferimento “”, eseguita con impostazioni predefinite.

[nextpage title=”Prestazioni Rendering e Calcolo – Parte Prima”]


La più recente versione del software multi piattaforma messo a punto da Primate Labs, meglio noto come Geekbench, consente di misurare in maniera precisa ed affidabile le prestazioni della propria macchina, fornendo risultati facilmente comparabili grazie ad un completo database online.

Il programma prevede carichi di lavoro in grado di simulare scenari tipici di utilizzo e, grazie al nuovo sistema di punteggio, mostra le performance single-core e multi-core in maniera separata.

Euler3D, basato sulla routine di analisi strutturale STARS Euler3D, è un software di benchmark che misura le prestazioni velocistiche del microprocessore mediante l’esecuzione di calcoli fluidodinamici. Il programma è ottimizzato per sfruttare appieno il multi-threading.

Nel grafico il risultato rilasciato al termine del test integrato, espresso in Hz.

Fritz Chess è un interessante software che consente di misurare le performance della CPU basandosi sulla simulazione del gioco degli scacchi. Il programma è in grado di sfruttare appieno fino a otto core.

Nel grafico il risultato complessivo ottenuto (espresso in Kilonodi al secondo).

Sandra è un tool di benchmark per l’intero sistema PC, aggiornato per testare le ultime tecnologie disponibili sul mercato. Il software è in grado di assicurare la maggiore compatibilità hardware possibile unita ad un accurato reporting delle prestazioni e delle problematiche del sistema.

Abbiamo eseguito i principali test sulla CPU e sul comparto RAM, a seguire i risultati ottenuti.

AIDA64 è un famoso programma che ci consente di tenere sotto controllo i punti vitali del nostro computer, quali temperature, voltaggi applicati e prestazioni. Al suo interno, infatti, troviamo numerosi test, utili per misurare, e comparare, le performance registrate dalle varie componenti (CPU, Memorie, HDD etc.).

Nei grafici i risultati riguardanti i benchmark integrati delle RAM e della CPU/FPU.

[nextpage title=”Prestazioni Multimedia, Web Browsing e Compressione”]


Google Chrome è senza dubbio il browser web più diffuso e completo in circolazione.

Dal momento che la navigazione sul web rappresenta lo scenario d’utilizzo principale del PC per la maggior parte dell’utenza abbiamo deciso di introdurre alcuni test specifici atti a misurare le performance in “web browsing” del proprio sistema. Per farlo ci siamo basati sui più diffusi web benchmark basati reperibili in rete, nello specifico:


  • JetStream 2: JetStream 2 è una suite che prevede una serie di avanzati benchmark in JavaScript e WebAssembly allo scopo di determinare le prestazioni del browser. Premia i browser che si avviano rapidamente, eseguono rapidamente il codice e funzionano stabilmente e senza problemi;
  • Mozilla Kraken v1.1: Kraken è un benchmark in JavaScript creato da Mozilla che misura la velocità del browser nel portare a termine una serie di test specifici tratti da applicazioni e librerie del mondo reale in modo da offrire una buona panoramica delle prestazioni in browsing;
  • Speedometer 2.0: Speedometer è un benchmark che misura la reattività del browser utilizzando una serie di applicazioni web demo per simulare le azioni dell’utente, come l’aggiunta di elementi (una sorta di “lista di cose da fare”);
  • WebXPRT 4: WebXPRT 4 è uno dei più completi benchmark del browser in circolazione, pensato per misurare con assoluta precisione ed affidabilità le prestazioni con le tipiche applicazioni Web. Contiene test basati su HTML5, JavaScript e WebAssembly creati per rispecchiare le tipiche attività quotidiane, come il miglioramento delle foto, l’organizzazione dei media tramite intelligenza artificiale, la crittografia delle note, la scansione OCR utilizzando WASM, i grafici e la produttività.

Nei grafici i risultati ottenuti utilizzando l’ultima versione del browser Google Chrome:


WinRAR è un famoso programma di compressione con il quale si misura la potenza della CPU nel comprimere un file campione restituendo il valore del dato compresso in KB/s (Rate).

7-Zip è un noto programma di compressione/decompressione che al suo interno integra un Tool per la misura delle prestazioni della macchina. Anche in questo caso saranno riportati nel grafico quanti KB/s il sistema, e in particolar modo la CPU, sia in grado di comprimere/decomprimere.

VeraCrypt è un programma applicativo open-source usato per la cifratura “on-the-fly” (OTFE). Può creare un disco virtuale crittografato mediante l’utilizzo di un file o crittografare un’intera partizione oppure, su Windows, l’intero hard disk con un’autenticazione all’avvio.

Secondo gli sviluppatori con le versioni più recenti del programma sono stati apportati miglioramenti riguardanti la sicurezza e risolti problemi emersi dall’audit esterno realizzato sul codice del precedente TrueCrypt.

Nei grafici i risultati dei benchmark integrati nel programma.

HWBOT Realbench è un software di benchmark recentemente introdotto sul noto sito HWBOT, completamente gratuito e basato sull’ormai rodato Realbench di ASUS. Il programma, sviluppato in collaborazione con i migliori professionisti dell’overclock, sfrutta applicazioni Open Source e semplici ma efficaci script per misurare le prestazioni reali del sistema e fornire un punteggio imparziale dovuto solamente alla potenza di calcolo effettiva.

Il programma sfrutta, inoltre, le più recenti istruzioni come SSE4, AVX e DXVA, ed è presente anche un test “burn in” per verificare l’affidabilità della macchina sotto stress prolungato, molto utile appunto per verificare la stabilità in condizione di overclocking. I numerosi software open-source adottati, tra cui Blender, Handbrake, GIMP e LuxMark supportano le più recenti estensioni per sfruttare al meglio le CPU di nuova generazione.

[nextpage title=”Prestazioni Multimedia, Web Browsing e Compressione – Parte Prima”]


La penultima versione del famoso software richiederà obbligatoriamente la presenza nel sistema sia di una scheda video con supporto alle API DirectX 11. Secondo Futuremark, i test sulla tessellation, l’illuminazione volumetrica e altri effetti usati nei giochi moderni rendono il benchmark moderno e indicativo sulle prestazioni “reali” delle schede video.

La versione Basic Edition (gratuita) permette di fare tutti i test con l’impostazione “Performance Preset”. C’è un test, chiamato Audio Visual Demo, eseguibile alla risoluzione massima 720p. La versione Basic consente di pubblicare online un solo risultato. Non è possibile modificare la risoluzione e altri parametri del benchmark. 3DMark 11 Advanced Edition non ha invece alcun tipo di limitazione.

Il benchmark si compone di sei test, i primi quattro con il compito di analizzare le performance del comparto grafico, con vari livelli di tessellazione e illuminazione. Il quinto test non sfrutta la tecnologia NVIDIA PhysX, bensì la potenza di elaborazione del processore centrale. Il sesto e ultimo test consiste, invece, in una scena precalcolata in cui viene sfruttata sia la CPU, per i calcoli fisici, e sia la scheda grafica.

I test sono stati eseguiti in DirectX 11 sfruttando il preset Performance. Nel grafico il punteggio ottenuto nel Physics Test.

La nuova versione del famoso software è senza dubbio la più potente e flessibile mai sviluppata da Futuremark (attualmente UL Benchmarks). Per la prima volta viene proposto un programma multipiattaforma, capace di eseguire analisi comparative su sistemi operativi Windows, Windows RT, Android e iOS. Le prestazioni velocistiche della propria soluzione grafica possono essere osservate sfruttando nuovi ed inediti Preset: Ice Storm, Cloud Gate, Sky Diver, Fire Strike, Time Spy, Port Royal e Speed Way.

Il primo, Ice Storm, sfrutta le funzionalità delle librerie DirectX 9.0 ed è sviluppato appositamente per dispositivi mobile, quali Tablet e Smartphone senza comunque trascurare i computer di fascia bassa. Il secondo, Cloud Gate è pensato per l’utilizzo con sistemi più prestanti, come ad esempio notebook e computer di fascia media, grazie al supporto DirectX 10.

Il terzo, Sky Diver, fa da complemento offrendo un punto di riferimento ideale per laptop da gioco e PC di fascia medio-alta con supporto DirectX 11. Infine gli ultimi preset, denominati Fire Strike, Time Spy, Port Royal e Speed Way, sono pensati per l’analisi dei moderni sistemi di fascia alta, contraddistinti da processori di ultima generazione e comparti grafici di assoluto livello con pieno supporto DirectX 11 (Fire Strike), DirectX 12 (Time Spy) e DirectX 12 & DirectX Raytracing (Port Royal e Speed Way).

I nostri test sono stati eseguiti sfruttando i preset Fire Strike (Normal) e Time Spy (Normal ed Extreme), oltre che il più recente pacchetto CPU Profile. Nei grafici i punteggi ottenuti nei relativi Psysics e CPU Test.

PCMark è un’ormai noto programma di benchmarking e test del sistema sviluppato da UL Benchmarks, in grado di fornire una precisa indicazione di quelle che sono le reali prestazioni del proprio sistema o dei singoli reparti (CPU, Memoria RAM, Storage etc.).

Per le nostre prove ci siamo affidati all’ultima versione del programma (PCMark 10 Professional v2.1.2636), in maniera da poter offrire un quadro il più possibile preciso delle prestazioni del sistema in esame. Nei grafici riportiamo il risultato complessivo ottenuto (PCMark Score) e quello delle singole tipologie di test: Essentials, Productivity e Digital Content Creation.

Procyon è il nuovo e potente software di benchmarking sviluppato da UL Benchmarks, espressamente pensato per l’utenza professionale (industria, imprese, vendita al dettaglio) e la stampa. Il programma si compone di diversi benchmark integrati, ognuno con caratteristiche differenti ma ben integrato in un’interfaccia e set di funzionalità comuni.

Ogni benchmark è progettato per un caso d’uso specifico e utilizza applicazioni reali ove possibile. L’azienda sta lavorando a stretto contatto con diversi partner del settore al fine di garantire che ogni serie di test integrati in Procyon sia accurata, pertinente e imparziale.

Per le nostre prove ci siamo affidati all’ultima versione del programma gentilmente fornitaci dall’azienda (Procyon Professional v2.6.848), in maniera da poter offrire un quadro il più possibile preciso delle prestazioni del sistema in esame.

Nei grafici riportiamo il risultato complessivo ottenuto sfruttando la suite Office Productivity Benchmark che, come facilmente intuibile, utilizza le applicazioni di Microsoft Office (nel nostro caso la versione 2021) per misurare le prestazioni offerte dal PC per scopi di produttività d’ufficio.

Il benchmark si basa su attività rilevanti e del mondo reale che utilizzano Microsoft Word, Excel, PowerPoint e Outlook, combinando l’importanza di testare le prestazioni con le stesse app che gli impiegati usano quotidianamente con la comodità di un test standardizzato ed in grado di produrre risultati coerenti e ripetibili.

Direttamente dagli sviluppatori degli apprezzati Heaven e Valley, e seppur con un leggero ritardo sulla tabella di marcia, ecco che finalmente vede la luce il nuovo software di benchmark Superposition, basato sul potente motore grafico di nuova generazione Unigine 2, capace di spremere all’inverosimile anche le più prestanti soluzioni grafiche sul mercato.

Come di consueto sono previsti vari profili predefiniti, che consentiranno di ottenere risultati, in termini prettamente prestazionali, facilmente confrontabili. Rispetto al passato è stato implementato un database online, nel quale verranno raccolti i risultati ottenuti dagli utenti e poter quindi fare confronti su ben più larga scala.

Oltre a questo sono state introdotte nuove modalità, a cominciare da una simulazione interattiva dell’ambiente, denominata “Game”, alla possibilità di sfruttare i più moderni visori per realtà virtuale, come Oculus Rift e HTC Vive. Viene inoltre offerta la possibilità di verificare la piena stabilità del proprio comparto grafico, grazie allo “Stress Test” integrato (esclusiva della versione Advanced del programma).

I test sono stati condotti utilizzando i preset 720p Low, 1080p Extreme e 4K Optimized. Nel grafico i risultati ottenuti, espressi sotto forma di Score finale e di FPS medi.

[nextpage title=”Prestazioni Giochi”]


Assassin’s Creed: Valhalla è un videogioco sviluppato da Ubisoft Montreal e pubblicato da Ubisoft. È il dodicesimo capitolo della saga principale di Assassin’s Creed, sequel di Assassin’s Creed: Odyssey, pubblicato nel 2018.

Un anno dopo aver rivissuto le memorie della Misthios, Layla Hassan si trova nel New England per indagare su due eventi apparentemente non correlati: il progressivo rinforzo del campo geomagnetico (fenomeno che causa un’eterna aurora boreale) e il ritrovamento del corpo di un guerriero vichingo del IX secolo, risalente a ben due secoli prima della presenza norrena in America.

Nonostante sia ancora turbata dalla morte di Victoria Bibeau, e sebbene senta un forte influsso proveniente dal Bastone di Hermes, Layla decide di rivivere attraverso l’Animus le memorie del guerriero vichingo, coadiuvata dai due Assassini Shaun Hastings e Rebecca Crane….

Il gioco, presentato lo scorso mese di novembre su PC, è in grado di sfruttare le API DirectX 12. I test sono stati condotti con il benchmark integrato usando i seguenti settaggi:



Cyberpunk 2077 è un videogioco sparatutto in prima persona di genere action RPG e open world, sviluppato da CD Projekt RED e pubblicato da CD Projekt il 10 dicembre 2020 inizialmente per Xbox One, Microsoft Windows, PlayStation 4 e Google Stadia.

Night City è una megalopoli americana controllata da corporazioni. Vede il conflitto tra le dilaganti guerre tra bande contendendosi il dominio. La città fa affidamento alla robotica per aspetti quotidiani come la raccolta dei rifiuti, la manutenzione e il trasporto pubblico. I senzatetto abbondano ma non gli viene preclusa la modifica cibernetica, dando luogo a dipendenza cosmetica e conseguente violenza.

Il gioco inizia con la selezione di uno dei tre percorsi di vita per il personaggio V controllato dal giocatore: Nomade, vita da strada o Corporativo. Tutti e tre i percorsi coinvolgono V che inizia una nuova vita a Night City con il delinquente locale Jackie Welles (Jason Hightower) ed il netrunner, T-Bug.

Nel 2077, il fixer locale Dexter DeShawn (Michael-Leon Wooley) assume V e Welles per rubare un biochip noto come “il relic” dalla Arasaka Corporation. Dopo esserne entrati in possesso, il piano va storto quando assistono all’omicidio del leader della megacorp Saburo Arasaka (Masane Tsukayama) per mano del figlio traditore Yorinobu (Hideo Kimura).

Yorinobu insabbia l’omicidio come un avvelenamento ed avvia un intervento della sicurezza dove T-Bug verrà uccisa dai netrunner dell’Arasaka. V e Welles fuggono, ma Jackie viene ferito a morte e la custodia protettiva del Chip viene danneggiata, costringendo V a inserire il biochip nel cyberware della sua testa….

Il gioco è in grado di sfruttare le ultime DirectX 12, oltre che il ray-tracing dei riflessi, ombre e illuminazione tramite API DirectX Raytracing (DXR) e la tecnologia Deep Learning Super-Sampling (DLSS) di NVIDIA.

I test sono stati condotti con il benchmark integrato usando i seguenti settaggi:


 


F1 22 (o anche Formula 1 2022) è un videogioco di guida sviluppato da Codemasters, ed uscito il primo luglio 2022. È il secondo capitolo della serie distribuito da EA Sports, dopo aver acquisito Codemasters a metà febbraio 2021. È basato sul campionato mondiale di Formula 1 2022 e sui campionati di Formula 2 2022 e 2021.

Il gioco, presentato lo scorso mese di giugno su PC, è in grado di sfruttare le API DirectX 12, oltre che il ray-tracing tramite API DirectX Raytracing (DXR) e la tecnologia Deep Learning Super-Sampling (DLSS) di NVIDIA.

I test sono stati condotti con il benchmark integrato usando i seguenti settaggi:



Circa due mesi dopo la sua precedente avventura, Lara Croft e il suo amico Jonah sono nuovamente sulle tracce della Trinità. Seguendo gli indizi lasciati dal padre di Lara, i due arrivano a Cozumel, in Messico, per spiare il capo della cellula locale, il dottor Pedro Dominguez; durante una spedizione in una tomba già visitata dall’organizzazione, Lara scopre alcune notizie circa una misteriosa città nascosta.

Successivamente, camuffandosi con gli abiti tipici per il dia de los muertos, Lara riesce a seguire gli adepti della Trinità, scoprendo così che Dominguez è addirittura il capo dell’organizzazione e che è sulle tracce di una misteriosa reliquia nascosta in un tempio non ancora localizzato. Vivi momenti di pura azione, conquista nuovi luoghi ostili, combatti usando tattiche di guerriglia ed esplora tombe mortali in questa evoluzione del genere action survival.

L’ultimo capitolo della saga (il settimo in ordine cronologico), presentato lo scorso mese di settembre su PC, è sviluppato dalla Crystal Dynamics e distribuito da Square Enix ed è in grado di sfruttare le ultime DirectX 12, oltre che il ray-tracing delle ombre tramite API DirectX Raytracing (DXR) e la tecnologia Deep Learning Super-Sampling (DLSS) di NVIDIA.

I test sono stati condotti con il benchmark integrato usando i seguenti settaggi:



Watch Dogs: Legion è un videogioco di genere action-adventure sviluppato da Ubisoft Toronto e distribuito da Ubisoft il 29 ottobre 2020 su Microsoft Windows, PlayStation 4, Xbox One e Google Stadia, il 10 novembre su Xbox Series X e S, ed il 12 novembre su PlayStation 5. È il terzo capitolo della serie Watch Dogs e sequel di Watch Dogs 2.

Nel 2026, grazie a un sistema di sorveglianza avanzato noto come ctOS, il gruppo hacker londinese DedSec ha preso il controllo del Regno Unito nell’atto di combattere la Albion, società di sicurezza privata, il quale, influenzando il governo, ha creato uno stato autoritario. Per affrontarli, il gruppo potrà reclutare ogni cittadino di Londra, ognuno con le proprie capacità, problematiche e esperienze. Assoldandoli all’interno del DedSec per liberare la città, ogni personaggio nel gioco avrà le proprie abilità e fornirà un’influenza dinamica alla narrativa del gioco man mano che la storia avanzerà…

Il gioco è in grado di sfruttare le ultime DirectX 12, oltre che il ray-tracing dei riflessi tramite API DirectX Raytracing (DXR) e la tecnologia Deep Learning Super-Sampling (DLSS) di NVIDIA.

I test sono stati condotti con il benchmark integrato usando i seguenti settaggi:


[nextpage title=”Temperature e Consumi Rilevati”]


In questa ultima sezione andremo osservare quello che è l’andamento delle temperature d’esercizio e dei consumi effettivi del nostro microprocessore, sia in condizione di riposo (Idle) e sia con differenti carichi di lavoro (Full-Load).

Per la registrazione dei dati abbiamo sfruttato le funzionalità di logging offerte dal noto programma HWiNFO64 7.62-5200, attualmente tra i più affidabili nelle rilevazioni.

Le misurazioni sono state ripetute più volte, nei grafici che seguiranno osserveremo le letture nelle seguenti condizioni:


  • Idle con funzionalità di risparmio energetico attivate;
  • Full-Load (Single-Thread) eseguendo il Cinebench R23 in loop (10min) in modalità Single-Core;
  • Full-Load (Multi-Thread) eseguendo il Cinebench R23 in loop (10min) in modalità Multi-Core;
  • Full-Load (Gaming) eseguendo il benchmark integrato nel gioco Metro Exodus Enhanced Edition a risoluzione 1080p (Maxed);
  • Full-Load Stress eseguendo 30 minuti di Prime95 v30.8 build 17 in modalità Small-FFTs.

Prima di mostrarvi però i grafici riepilogativi vi alleghiamo alcuni screenshot delle prove svolte, sia con i limiti di potenza predefiniti da AMD per il microprocessore Ryzen 7 7700 in esame, ed ovviamente senza fare uso della tecnologia proprietaria Precision Boost Overdrive (PBO), ovvero PPT (Package Power Tracking) pari a 88W, TDC (Thermal Design Current) pari a 75A ed EDC (Electrical Design Current) pari a 150A, e sia con tali limiti rimossi proprio dall’attivazione della stessa (PPT=420W/TDC=280A/EDC=350A), così che possiate eventualmente estrapolare ulteriori informazioni utili:


Grafico Andamento Temperature Rilevate (CPU Tctl/Tdie)


Per l’esecuzione delle nostre prove ci siamo affidati, come di consueto, su di un sistema di raffreddamento a liquido di tipo custom, con hardware installato su di un classico banchetto da test. È doveroso quindi evidenziare come questo genere di soluzione sia indubbiamente in grado di assicurare temperature sensibilmente inferiori rispetto a quelle potenzialmente ottenibili facendo uso di un tradizionale chassis e/o di sistemi di dissipazione ad aria o liquido All-in-One (AIO).

Come osserviamo dai grafici le temperature d’esercizio appaiono più che buone in ogni circostanza, specialmente mantenendo il microprocessore entro le specifiche di riferimento. L’attivazione della tecnologia proprietaria PBO, infatti, si fa indubbiamente sentire, specialmente con carichi di lavoro multi-thread particolarmente impegnativi, dal momento che comporta lo sblocco dei limiti di potenza predefiniti allo scopo di raggiungere e mantenere frequenze di clock più elevate sfruttando tutte le risorse, energetiche e termiche, disponibili.


Grafico Andamento Potenza Rilevata (CPU Package Power)


Le misurazioni in termini di consumo non fanno che confermare la bontà e l’efficienza della soluzione Ryzen 7 in esame, con valori che si dimostrano del tutto contenuti in relazione alle performance velocistiche offerte.

Mantenendo l’impostazione predefinita viene certamente assicurata la massima efficienza dal punto di vista del rapporto tra prestazioni e consumo di potenza effettivo. Nel grafico che segue vi mostriamo una stima dell’efficienza del nuovo Ryzen 7 7700, espressa in termini di “Punti per Watt”, calcolata sulla base dei risultati ottenuti eseguendo il software Cinebench R23 sia in modalità Single-Core che in Multi-Core.

Come prevedibile la maggiore efficienza la si ottiene con carichi di lavoro multi-thread, scenario dove la rimozione dei limiti di potenza derivata dall’attivazione del PBO assicura per ovvi motivi un aumento delle prestazioni, ma inferiore rispetto al consumo medio effettivo che comporta il mantenimento di frequenze di clock più elevate.

L’impostazione dei parametri energetici operativi di default, al contrario, comporta un’esigua riduzione delle prestazioni MT, quantificabile nell’ordine del 2%, a fronte però di un abbattimento dei consumi pari al 18%.

[nextpage title=”Conclusioni”]


Ed eccoci giunti al capitolo conclusivo di questo nostro articolo, in cui abbiamo avuto modo di toccare con mano le potenzialità offerte dal nuovo microprocessore Ryzen 7 7700, una soluzione che, come osservato, appare indiscutibilmente molto interessante, tanto dal punto di vista prettamente prestazionale, quanto in termini di pura efficienza.

L’azienda americana, infatti, on questo particolare modello, va ad offrire ai propri affezionati una valida alternativa alla classica variante provvista di suffisso “X”, ancor più idonea alla realizzazione di una configurazione bilanciata ed in grado di garantire una buona esperienza d’uso a 360°. Nonostante un TDP sensibilmente più contenuto, pari ad appena 65W, il nuovo arrivato non delude assolutamente in quanto a prestazioni, non comportando, di fatto, alcuna tangibile rinuncia rispetto al modello X, indipendentemente dallo scenario d’uso.

In questo momento storico più che mai, inoltre, tutti noi stiamo assistendo impotenti ad un aumento medio del costo dell’energia che non sembra volersi fermare. In considerazione di questo non possono che far piacere soluzioni, come quella in esame, contraddistinte da un’elevata efficienza in termini prettamente energetici, capaci quindi di incidere positivamente sulla bolletta.

Non solo, minori consumi si traducono anche in un minor sviluppo di calore, assicurando temperature d’esercizio notevolmente più basse. Come abbiamo osservato nella sezione dedicata, infatti, il nuovo Ryzen 7 7700, ovviamente mantenuto entro le specifiche, si è dimostrato essere un microprocessore abbastanza fresco in ogni ambito di utilizzo, anche il più gravoso a cui è stato sottoposto.

Questo consentirà all’utente di poter eventualmente sfruttare il dissipatore di calore fornito in dotazione (Wraith Prism), più che adeguato allo scopo, oppure di potersi affidare a soluzioni di raffreddamento alternative in ogni caso meno spinte, andando a contenere ulteriormente la spesa finale. Oltre a questo sarà possibile prendere in considerazione questo microprocessore per la realizzazione di sistemi con fattore di forma ridotto, spesso contraddistinti da spazi interni più risicati e minori potenzialità in termini di airflow.



Alla base di questo nuovo microprocessore troviamo l’ultima evoluzione della tanto apprezzata architettura Zen, con la quale l’azienda di Sunnyvale ha messo in atto tutta una serie di interventi mirati al perfezionamento e al potenziamento di quelli che erano i più significativi punti deboli della generazione precedente, al fine di alzare ulteriormente l’asticella delle prestazioni velocistiche e dell’efficienza.

Riguardo quest’ultimo aspetto ha giocato un ruolo decisivo l’utilizzo dell’avanzato processo produttivo a 5nm di TSMC, grazie al quale è stata resa possibile una più efficace ottimizzazione della curva V/F (Tensione/Frequenza), consentendo al microprocessore di mantenere frequenze di clock superiori con carichi di lavoro Multi-Thread pesanti.

Questa generazione, inoltre, si avvale di una piattaforma del tutto rinnovata, con nuovo socket di connessione (AM5), nuovi chipset proprietari, pieno supporto al PCI-Express 5.0 e a moduli di memoria DDR5 ad elevate prestazioni, così da rappresentare una sempre più valida e competitiva alternativa nei confronti delle soluzioni concorrenti.

Al fine di soddisfare qualsiasi tipologia di utenza è stata prevista una migliore segmentazione rispetto al passato, con ben quattro chipset differenti in relazione alle caratteristiche ed alle funzionalità offerte. Non cambia la classificazione in due famiglie principali, nello specifico in quest’occasione X670 e B650, ma per ognuna è stato previsto, oltre al modello tradizionale, anche un più completo modello “Extreme”, espressamente pensato per soddisfare i più esigenti.

Per la prima volta in soluzioni desktop dell’azienda (APU escluse) viene prevista una componente grafica integrata, in questo caso basata su architettura RDNA 2 e provvista di una coppia di Compute Unit. Precisiamo che tale implementazione non è assolutamente da intendersi idonea al gaming o altri scenari d’uso analogamente impegnativi, al contrario il suo scopo è essenzialmente quello di assicurare un utilizzo basilare del sistema per tutti coloro che non necessitano di elevate prestazioni grafiche (settori business ad esempio), o per finalità prettamente diagnostiche.

Il nuovo AMD Ryzen 7 7700 è disponibile su Amazon Italia ad un prezzo di 353,50€ IVA compresa, cifra certamente interessante ed estremamente competitiva, ancor più se consideriamo le caratteristiche tecniche e le indubbie potenzialità offerte.


Pro:


  • Basato sull’ultima evoluzione della microarchitettura Zen 4 ad elevate prestazioni;
  • Avanzata tecnologia produttiva a 5 nanometri di TSMC;
  • Eccellente efficienza dal punto di vista energetico;
  • Presenza di 8 Core integrati per un massimo di ben 16 Thread grazie alla tecnologia Simultaneous Multi-Threading (SMT);
  • Prestazioni velocistiche più che soddisfacenti sia con carichi di lavoro Single-Thread che Multi-Thread;
  • Piena compatibilità con tutti i nuovi chipset AMD serie 600;
  • Memory Controller Integrato di tipo Duad-Channel con supporto verso moduli ad elevate prestazioni DDR5;
  • Supporto PCI-Express Gen 5.0;
  • Presenza di una componente grafica integrata basata su architettura RDNA 2;
  • Temperature d’esercizio contenute;
  • Buon dissipatore di calore proprietario (Wraith Prism) fornito in dotazione;
  • Ottime tecnologie proprietarie supportate;
  • Rapporto prezzo/prestazioni estremamente interessante.

Contro:


  • Nulla da segnalare.

Si ringrazia per il campione fornitoci.


Gianluca Cecca – delly – Admin di HW Legend


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