In questo momento particolare del videogaming, colmo di remaster e remake, è facile farsi sopraffare dalla malinconia quando un gioco “classico” – per così dire – come Octopath Traveler si affaccia sul panorama videoludico. Sviluppato da Square Enix in collaborazione con Acquire, il titolo è un classico RPG a turni, volutamente e fortemente ispirato a mostri sacri del genere, che racconta le storie di otto persone (quattro uomini e quattro donne) che combattono per svariate ragioni, nel mondo di Orsterra.
Uscito il 13 luglio 2018 su Nintendo Switch e pubblicato dalla stessa Nintendo, arriva finalmente su PC in questi giorni; quest’ultima versione è quella di cui vi parliamo oggi.
In buona sostanza, Octopath Traveler si presenta con sistema di gioco che prevede di selezionare un solo eroe per ogni partita, al termine della quale sarà possibile ricominciare scegliendo un altro personaggio e così via, fino a giocare tutte e otto le storie.
In realtà questa meccanica non è affatto nuova e per i più attenti suonerà familiare; non solo per la possibilità di vivere, a tutti gli effetti, otto avventure separate, ma per la bellezza con le quali queste possono intrecciarsi in una tela complessa di trame e sotto-trame, opzionali e non, tanto da conferire un spessore ludico narrativo importante per ogni singolo eroe scelto.
SaGa Frontier I e II, sempre di Square(soft, tanto tempo fa), fece di questa meccanica il fiore all’occhiello della serie, in particolare del secondo capitolo (apparso su PSone verso la fine degli anni novanta), dove era forte il senso di universo/mondo unico, dove le vite di diversi eroi venivano vissute, a turno (ma intrecciandosi) con obiettivi diversi.
Non era strano, infatti, ripercorrere zone precedentemente già viste con un altro eroe, finendo per capitare in un esatto momento che avete già vissuto nella precedente avventura, vedendolo dal punto di vista dell’eroe che al momento si controlla, dall’esterno, come uno spettatore.
Un connubio eccezionale tra Passato, Presente e Futuro
Parlando dell’aspetto puramente tecnico, il gioco si presenta con una visuale isometrica, con sprites chiaramente 16bit, pixellati e dalla giusta grandezza.
Ciò che sorprende, tuttavia, è il motore grafico – o meglio – come si è scelto di rappresentare il mondo di gioco.
Piuttosto che continuare con un classico 2D, che avrebbe permesso di mantenere quel classico feeling alla Chrono Trigger, il mondo di gioco è completamente realizzato in 3D, sebbene le texture di ogni singolo elemento siano, appunto, realizzate con la stessa qualità e tipologia dei personaggi.
Via texture filtering, colori complessi, sfumature e rifiniture: sì alla grafica pixellata, che si fa notare per il dettaglio magistrale di alcune aree, dove ogni singolo quadrato di colore si fonde con il prossimo. Generalmente, l’aspetto pixellato (che in questi ultimi anni si chiama semplicemente Pixel Art) viene realizzato completamente a mano; e quale mano migliore se non quella di Naoki Ikushima, sapiente mano esperta già conosciuta per l’apprezzabile lavoro svolto con Bravely Default 1 e 2.
Il motore grafico, tuttavia, non rinuncia completamente alla sua modernità. Un uso (forse eccessivo, in alcuni frangenti) di effetti particellari, meteorologici e di illuminazione rendono l’ambiente estremamente vivo, variopinto e variegato. Mai termini come questi furono così perfetti per l’occasione: dalle tempeste di sabbia al tramonto, dalla foschia alla nebbia, dalla pioggia alla neve, il vostro sguardo sarà lieto di poggiarsi su piccolissimi dettagli che rendono il continente di Orsterra incredibilmente vivo e bello da vedere, pur rimanendo (e creando, di fatto, un paradosso difficile da computare) ben saldo nelle solide radici della pixel art e delle console a 16bit che tanto hanno permesso a generi come questo di eccellere.
Le fronde degli alberi si muovono sinuosamente quando attraversate dal vento, le corde che delimitano i parapetti sembrano danzare in aria, le fioche luci di vecchie lampade ad olio creano giochi di ombre e rendono l’ambientazione alcune volte cupa, più del dovuto.
E di contorno c’è la forte e ricercata ispirazione medievale europea che trasforma i borghi, vicoli e le piazze delle diverse città che incontreremo in piccole riproduzioni di Londra o Parigi.
Tutto questo, per gli sviluppatori, ha un nome: si chiama HD-2D, ossia bidimensionale in alta definizione, che comprende l’ultimo aspetto rimasto da descrivere: ovvero l’inquadratura.
Sebbene come detto in precedenza quest’ultima sia isometrica, ciò che colpisce è la simulazione di una tecnica fotografica chiamata Tilt-shift, ossia la capacità di alcuni obiettivi fotografici di mettere perfettamente a fuoco il centro dell’inquadratura sfumando progressivamente tutto ciò che è negli altri piani.
La scena, in pratica, sembrerà essere una fotografia ad un mondo in miniatura, come per le più classiche foto a piccoli soldatini o bambole, seppur estremamente dettagliata. Incantevole, nel suo complesso, senza ombra di dubbio.
Combattere con stile
Il sistema di combattimento, disegnato e progettato con la collaborazione di Acquire, ricalca la meccanica a turni di molti jRPG passati, introducendo diverse novità che, prese singolarmente, sono chiaramente ispirate ad altre già viste.
Tutto ruota sulla capacità del giocatore e della classe di rompere lo scudo dei nemici, cercando di individuare il punto debole dell’avversario, tramite l’uso di armi o skill.
A questo va ad aggiungersi, con ogni livello personaggio, la possibilità di affinare il proprio parco skill tramite l’impiego di un semplice, se non ridotto all’osso, Job System. Il Job System permette ad un classe personaggio (ad esempio, Mago) di accrescere le proprie facoltà offensive usando tratti tipici di altre classi (come ad esempio, la possibilità di usare Maglio e Asce, della classe Guerriero).
Portando a termine attacchi con successo, si vanno ad immagazzinare dei boost di danno (potenziamento attacco, cumulabile fino a cinque), nella forma di piccole sfere presenti in alto a destra sull’hud. Questo boost di danno consente di massimizzare il danno per fase, ma anche di allungare sensibilmente la combo.
Tutto ricade, pertanto, all’abilità del giocatore nel pianificare bene la prossima fase d’attacco: questa meccanica, tuttavia, è applicabile alle sole armi e non alle skill. Una volta scelta l’arma, si può “caricare” l’attacco usando un tasto specifico (se giocate col pad, RB) per poi eseguirlo della potenza desiderata.
Ogni personaggio, infine, dispone di un’abilità speciale che può usare nel mondo di gioco, al di fuori del combattimento. Ad esempio Therion il ladro, il personaggio che abbiamo giocato per la recensione, ha la capacità di “rubare” oggetti alle persone, sebbene tale possibilità risulti essere rischiosa (è governata da una percentuale di riuscita, onde evitare l’abuso).
Gli altri eroi dispongono di altre abilità, come ad esempio quello di socializzare o guadagnarsi la fiducia degli NPC in maniera veloce per proseguire nella missione.
L’insieme di tutte queste meccaniche, in conclusione, permette di portare un pizzico di strategia nella classica componente a turni tipica di questo genere, che spesso risulta essere poco interattiva e quasi macchinosa.
La melodia della conclusione
Il Sound Design è quanto ci si aspetti da un titolo Square. Musiche sempre adatte allo scopo o al momento, sapientemente realizzate, dalle tonalità classiche con rimandi ben radicati nel soft jazz per alcuni pezzi e nelle ballate medievali per altre. Il tutto con sfumature e tonalità che ricordano tanto LA serie jRPG per eccellenza, Final Fantasy.
Parlando del comparto audio in generale, invece, non possiamo che citare la gradita scelta di dare una voce ai nostri eroi, compresi gli NPC.
Sebbene vengano usate delle frasi generiche per le interazioni per così dire “normali”, nelle cutscenes (completamente realizzate in game, prive di caricamento) tutti i dialoghi sono regolarmente recitati e se nel caso l’inglese non vi aggrada, è possibile scegliere anche il doppiaggio originale Giapponese. Ad ogni modo, in entrambi i casi, la qualità è eccellente, chiara e pulita. Il gioco è totalmente localizzato in italiano con cura e attenzione.
Octopath Traveler è una vera e propria lettera d’amore a quell’epoca di spensieratezza fatta di pixel e di cartucce da inserire nella propria console.
Un’ode all’epoca d’oro dei 16bit, quella di Star Ocean, Phantasy Star, SaGa Frontier, Chrono Trigger e così via, rivista in chiave moderna ma senza intaccare lo spirito che rendeva tali titoli così magici.
Ha lo spessore e il carattere per essere un grande gioco, un coraggioso inizio (così si spera) di una serie di titoli che porteranno questo nome. Sebbene le storie, i personaggi e gli intrecci che affronterete non saranno niente di particolarmente speciale, svolgono egregiamente il loro lavoro, offrendo plot-twist e svolte inaspettate, che di certo renderanno ogni playthrough più che gradito.
Non ci resta che consigliarlo specialmente a chi cerca un’avventura particolare, che in realtà diventano otto, divertente e ben realizzata.
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Daniele “KingpinZero” Fiorentini